Curatorial Text

The 14th edition of the Young Curators Residency Programme unfolded against the backdrop of COVID-19’s gripping hold over northern Italy. The sounding alarm of this time – both literally and metaphorically – became a point of departure for the exhibition, uncovering a dual interpretation of the Italian term sirena. Known as both the mythological female figure of the sea and the sound of emergency, the sirena awakens our senses and orients us in the moment whilst amplifying an urgency to pause and listen. 

           In Homer’s The Odyssey, the sirena is portrayed as a perilous and powerful air and sea creature – a female, or gang of females, whose song seduces the poem’s protagonist Odysseus and his crew as they attempt to helm their ship home. Listening to their voices poses the threat of descending into the underworld with no return. Both divine and grotesque, the sirena lures the ego into a dissolved state, evoking delusion, seduction and an undoing of consciousness. In her seminal book For More than One Voice: Toward a Philosophy of Vocal Expression, Italian philosopher Adriana Cavarero describes how the pathos of the story, ‘is concentrated on the deadly, seductive circuit between voice and hearing, sound and ear. As monstrous singers, or deadly women with powerful voices, the Sirens produce an acoustic pleasure that kills men’. Dwelling in the aqueous depths and on land, the sirena represents both proximity and remoteness experienced within our own world today. Therein, Waves Between Us reflects upon Cavarero’s claim, ‘distance is measured by the sound of the voice and not by the purview of the eye’.

           In this exhibition, the sirena performs a unique slippage, weaving through each artists’ practice to explore sound as a mode of transmission, saltwater as a texture of connectivity, and the underworlds of the grotto and swamp as ecosystems of interaction and change. The artworks presented engage with embodiment in physical and collective forms; the flesh of our throats, the voices that reverberate from our mouths, the stories that resonate between our ears, and the memories that dwell in our guts. Inhabiting the ground floor and basement of the Palazzo Re Rebaudengo–nestled in the hills of Guarene–the exhibition provides a periphery for vocal, material and collective experimentation. Site-specific commissions by ALMARE, Benni Bosetto and Binta Diaw transgress normative boundaries of time and space, engaging with alternative narratives and shared rituals. Raffaela Naldi Rossano’s works on paper also materialize ritual, forming a nonlinear system of symbology and correspondence. The sculptural works of Bea Bonafini and Nuvola Ravera integrate natural and local materials into intimate vessels that echo the elements of our own watery bodies. Marco Giardano and Real Madrid’s sculptural installations evoke the erotics of subterranean space, queering organic and everyday objects as containers for liquid and vocal emission. Elisa Strinna’s video work navigates the nuanced channels of the Mediterranean Sea, while the Sicilian collective Femminote’s purchasing project Isola delle Femmine enacts the emancipatory potential of a borderless territory.

           The artworks presented explore ‘saltwater as passage, saltwater as the medium of transport, saltwater as sweaty sign of our bodies’ exertions and tearful signs of our capacity for affect’ in the words of art historian Griselda Pollock. Traversing sculpture, sound, video and drawing, the wave is a connective thread that evokes movement between our bodies and the bodies of water around us, giving texture to the resonance of voices, the passage of sound, and unseen natural depths. As the world adjusts to the reality of its isolated enclaves, how will our subjectivities be nurtured within the walls of our houses, our grottos, and our oceans? How are systems of communication intervening to form new spheres of thought and connectivity? In both the exhibition and accompanying online platform, Waves Between Us engages with these questions, inviting artists to wrestle with myths, virality, and sonic experimentation to test new ways of being together.

La quattordicesima edizione del Young Curators Residency Programme si è svolta mentre l’epidemia di COVID-19 iniziava ad attanagliare l’Italia settentrionale. Il suono d’allarme di questo periodo – sia letteralmente che metaforicamente – è diventato un punto di partenza per la mostra, che prende spunto dalla doppia interpretazione del termine italiano sirena. Conosciuta sia come la figura femminile mitologica del mare, sia come il suono dell’emergenza, la sirena risveglia i nostri sensi e ci orienta, e al contempo amplifica l’urgenza di farci fermare per restare in ascolto. 

           Nell’Odissea di Omero, la sirena è raffigurata come una pericolosa e potente creatura dell’aria e del mare, una donna – o un gruppo di donne – il cui canto seduce il protagonista del poema, Ulisse, e il suo equipaggio mentre tentano di condurre la loro nave verso casa. Ascoltarne le voci significa rischiare di scendere negli inferi senza possibilità di ritorno. Divina e grottesca al tempo stesso, la sirena attira l’ego verso uno stato di dissoluzione, evocando illusione, seduzione e annullamento della coscienza. Nel suo fondamentale libro A più voci. Filosofia dell’espressione vocale, la filosofa italiana Adriana Cavarero descrive come il pathos della narrazione “si concentra sul circuito mortalmente seduttivo fra voce e ascolto, suono e orecchio. Mostri canori, donne teriomorfe dalla voce potente, le Sirene procurano un godimento acustico che uccide gli uomini”. Abitando nelle profondità marine e sulla terraferma, la sirena rappresenta sia la vicinanza che la lontananza vissuta oggi nel nostro mondo. In occasione della mostra Waves Between Us (Onde tra di noi) si vuole riflettere su quanto sostiene Cavarero, ovvero sul fatto che la distanza si misura “con il metro della voce, non con quello dell’occhio”.

           In questa mostra, la sirena compie uno slittamento unico, serpeggiando attraverso la pratica di ogni artista per esplorare il suono come modalità di trasmissione, l’acqua salata come reticolato di connettività e i mondi sotterranei della grotta e della palude come ecosistemi di interazione e cambiamento. I lavori presentati si relazionano con l’incarnazione di forme sia fisiche, sia collettive: la carne della nostra gola, le voci che risuonano dalla nostra bocca, le storie che risuonano tra le orecchie e i ricordi che abitano le viscere. Al piano terra e nel seminterrato di Palazzo Re Rebaudengo, sulle colline di Guarene, la mostra offre una piattaforma periferica per la sperimentazione vocale, materiale e collettiva. Le commissioni site-specific di ALMARE, Benni Bosetto e Binta Diaw trasgrediscono i confini normativi del tempo e dello spazio, impegnandosi in narrazioni alternative e rituali condivisi. Anche le opere su carta di Raffaela Naldi Rossano materializzano la pratica rituale, formando un sistema non lineare di simbologia e corrispondenze. Le opere scultoree di Bea Bonafini e Nuvola Ravera integrano materiali naturali e locali a formare vascelli intimi che riecheggiano gli elementi dei nostri stessi corpi fatti d’acqua. Le installazioni scultoree di Marco Giordano e Real Madrid evocano l’erotismo dello spazio sotterraneo, operando un’azione di queering su oggetti organici e quotidiani, come i contenitori di liquidi e le emissioni vocali. L’opera video di Elisa Strinna naviga i variegati canali del Mar Mediterraneo, mentre il progetto del collettivo siciliano Femminote, finalizzato ad acquistare l’Isola delle Femmine, attiva il potenziale emancipatorio di un territorio senza confini. 

           Le opere presentate esplorano “l’acqua salata come passaggio, l’acqua salata come mezzo di trasporto, l’acqua salata come il segno sudato delle fatiche del nostro corpo e i segni lacrimevoli della nostra capacità d’affetto”, secondo le parole della storica dell’arte Griselda Pollock. Attraversando la scultura, il suono, il video e il disegno, l’onda è un filo connettivo che evoca il movimento tra i nostri corpi e i corpi d’acqua che ci circondano, dando consistenza alla risonanza delle voci, al passaggio del suono e alle invisibili profondità naturali. Mentre il mondo si adegua alla realtà delle sue enclavi isolate, come si nutriranno le nostre soggettività tra le mura delle nostre case, delle nostre grotte e dei nostri oceani? In che modo i sistemi di comunicazione stanno contribuendo alla formazione di nuove sfere di pensiero e di connettività? Sia nella mostra, sia nella piattaforma online che l’accompagna, Waves Between Us (Onde tra di noi) si confronta con queste domande, invitando gli artisti a un corpo a corpo con i miti, la viralità e la sperimentazione sonora per scandagliare nuovi modi di stare insieme.